Omelia don Stefano Martoglio

Domenica 16 ottobre, ore 10.00
Basilica Maria Ausiliatrice
SOLENNE CONCELEBRAZIONE,
con "mandato" ad animatori, catechisti, allenatori e dirigenti sportivi
Presiede don Stefano Martoglio, Ispettore dei Salesiani del Piemonte, Valle d'Aosta e Lituania
 
Omelia

Cari fratelli e sorelle, cari ragazzi, siamo in tanti, oggi, proprio per mettere al centro, oltre la Parola di Dio che abbiamo ascoltato, e di cui poi commenteremo alcune cose, il senso della festa della nostra parrocchia, di una comunità, una parrocchia e una comunità di credenti, di cristiani, che si raduna, che si trova attorno a Gesù.  Cento anni. Cento anni è un compleanno, è un compleanno fantastico, che non tutti gli uomini riescono a fare come persone fisiche, ma che una parrocchia può fare, ed è un compleanno che va ricordato.  Va ricordato dalle persone, per ringraziare Dio del dono di questi cento anni di comunità cristiana, e per affidare gli altri 100 anni che cominciano sempre a Dio. E che sia una festa grossa lo dice, non solo il fatto che ci siamo tutti, anche voi ragazzi, qui sopra sul presbiterio, tranquilli oltre misura, ma anche noi. Ci sono don Claudio che è il parroco, don Gianni, che conosciamo tutti, don Franco, ma poi ci sono anche i parroci  che hanno battezzato molti di voi e sposato anche tanti genitori. Il nostro essere qui dice che ci siamo anche noi perché non è che festeggiamo degli gli altri, rendiamo grazie a Dio insieme per il dono di questa parrocchia, abbiamo sentito leggere all'inizio da un papà, uno scritto ufficiale, che si chiama decreto, del vescovo di allora, alla domanda che aveva fatto addirittura uno che è beato, beato Michele Rua, domanda fatta dai salesiani nel 1907 e riconosciuta dall'Arcivescovo, e dal Regio Decreto, come si faceva allora,  del Re Vittorio Emanuele III nel 1911, di costituzione di questa parrocchia.

Questa è la nostra parrocchia, anche se tante volte si usa anche la chiesa che è sulla piazza e che tutti chiamiamo succursale, perché è stata chiamata così apposta, perché se no non ci stiamo tutti, ma questa è la parrocchia. E' una parrocchia strepitosa perché è la casa di Dio, ha Maria al Centro, più chiaro dio così, don Bosco ha voluto far fare un quadro grandissimo che non ci sta nella casa di nessuno di noi, per mettere sotto gli occhi di tutti che al centro di questa casa di Dio, c'è la presenza di Maria.  Ma poi in questa chiesa c'è il corpo di don Bosco santo, c'è il corpo di Madre Mazzarello santa, di Domenico Savio santo, e tanti altri beati, che sono in una chiesa sotto, che si chiama Cripta. Una parrocchia straordinaria, voluta da don Bosco, chè è una comunità,  che noi siamo abituati a vedere e trovarci, ma che è fatta anche di tanti altri, anche qui presenti, che tutte le domeniche, e sono migliaia, che tutte le domeniche vengono a Messa qui, anche se non sono del nostro quartiere,  ragazzi io sono di un'altra parrocchia, neanche di Torino, ma da noi se venivano 10 altre persone ogni tanto a Messa, era una cosa straordinaria, tutte le domeniche migliaia di altre persone vengono a Messa nella nostra parrocchia, proprio per quello che è questa chiesa.

Dire questo vuol dire: "Signore grazie al dono che ci fai del vivere la nostra vita cristiana qui.  Perché qui incontriamo Te, l'Eucaristia, qui incontriamo Te, la confessione, il perdono di Dio, sempre a tutte le ore del giorno, anche adesso, qui ascoltiamo la tua Parola, qui facciamo il cammino per diventare figli di Dio, cristiani,, il catechismo e tutti gli altri passi della vita".

E questo lo facciamo come credenti insieme a pastori, sacerdoti, che ci aiutano e ci accompagnano, il dono di avere più di un don che ti accompagna nella vita parrocchiale è un grandissimo lusso di questi tempi in Italia, una grande benedizione di Dio,  e poi oltre tutti i don che conoscete, tanti altri. Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice,  che sono di questa parrocchia. Questa festa bisognava farla e bisognava farla così proprio perché c'è un autore della festa che è Dio, per ringraziare, perché tutto questo bene non è merito nostro, ma è grazia di Dio, dono del Signore.  E questo ci fa bene, si a tutti, perché noi abbiamo sempre bisogno di camminare con altri.  Nessuno di noi è fatto per stare da solo, nessuno di noi è capace a vivere e a camminare da solo, ha bisogno di stare con altri, e vedere che siamo in tanti e lo siamo sempre, tutti intorno a Gesù, all'altare, ci fa camminare come Chiesa.  In questo cammino come chiesa, è il secondo pensiero di oggi, c'è il vangelo di oggi che commento brevemente.

Si avvicinano a Gesù, l'abbiamo ascoltato leggere da don Luca, che è diacono, alcuni, i Farisei, per fargli una domanda, ma non perchè gli interessasse sapere la verità, che Gesù voleva dire, ma per fargli una domanda trabocchetto a Gesù, per vedere che cosa avrebbe risposto. Vediamo se qualcuno  dei nostri amici che sono in Presbiterio con noi si ricorda qualche pezzo del Vangelo, si avvicinano a Gesù per chiedergli se è giusto pagare le tasse o no. Parlo ai ragazzi perchè se parlo agli adulti poi rischio che metà poi esce subito. Domanda che è di stretta attualità. La domanda che fanno a Gesù è: è giusto pagare le tasse?

Qui però bisogna aggiungere una cosa. Gli Ebrei in quell'epoca, erano una piccola nazione, che oggi si chiama Israele, che erano sotto un impero, quello dei Romani, quindi erano occupati da altri, per cui le tasse le pagavano a Roma.

Gesù di fronte a questa domanda furba risponde con sapienza, cioè con l'intelligenza sana, cosa gli dice? Gli dice, sentite un po', qualcuno di voi ha una moneta, praticamente gli dice così, non tira fuori di tasca una moneta Lui, dal borsello, qualcuno ha una moneta, gli fanno vedere una moneta, Lui guarda e dice: chi è questo qui sulla moneta? gli dicono un  nome di un imperatore, che è anche il nome del nostro vescovo Cesare. Cesare. Perché sulla moneta non c'era il Vescovo, perché qualcuno poi l'unico Cesare che conosce è il nostro vescovo, vedono una moneta su cui c'è il volto di Cesare,  e Lui dice "date a Cesare quello che è di Cesare", che è una risposta intelligentissima, vera, che però va spiegata. Come pagavano le tasse i Romani? Nemmeno noi adulti sempre lo ricordiamo. I romani facevano un unica imposta diretta diremmo,  una moneta a testa, il censius, quello che noi conosciamo, il censo detto in italiano, deriva dal censius, la moneta che ognuno pagava a testa perché c'era lui, escluso i bambini e gli anziani, all'impero Romano. Di moneta ce ne era una sola, non è che ognuno pagava con un centesimo o con due euro a seconda di quello che voleva lui, c'era una moneta su cui c'era la faccia dell'imperatore. E Gesù dice "date a Cesare quel che è di Cesare".

E' importante adulti, fratelli e sorelle, molto di più che voi ragazzi, che lo capiscono, ma noi lo viviamo, è importantissimo contribuire alla vita della società in cui vivi, perché se tu non dai alla società in cui vivi, partecipando al costo della società, tu rubi. E' un termine forte, ma è quello che Gesù dice nel Vangelo di oggi. Partecipare alla vita della società, vuol dire partecipare anche al costo della società secondo giustizia, perché la società è la casa di tutti. Noi, questo Gesù, non l'ha detto venti e più secoli fa, noi italiani abbiamo un problema nel riconoscere la nostra società come la casa di tutti, abbiamo più di un problema, e chi ha già guardato i giornali ha l'aggiornamento dei nostri problemi ad oggi, ma un grosso problema che abbiamo come nazione è anche quello di sentire e partecipare alla vita sociale, al pagamento delle tasse,  secondo una virtù che si chiama giustizia, perché chi si taglia fuori da quello e fa pagare gli altri, ruba. Che è un termine duro, forte.  Gesù ci ricorda che la partecipazione alla vita sociale è importante per un cristiano. Che non ci si può tagliare fuori.

La seconda cosa che Gesù ci ricorda è però questa, ancora più profonda, "date a Cesare quello che è di Cesare e date a Dio quello che è di Dio". Gesù aggiunge a questa seconda parte, e torniamo al senso di questa nostra festa, perché dice costruisci la tua vita, la tua comunità, su di me, su Dio, non sul denaro, sul possesso, sul potere, costruisci la tua vita e la vita della tua comunità su Dio, date a Dio quel che è di Dio, che Dio sia al centro della tua vita, del tuo presente, del tuo futuro.  Non ammucchiare monete, ammucchia Dio nella tua vita, perché Dio non si corrompe, non marcisce, non tradisce e ti dona la vita eterna.

L'augurio di Gesù, che risponde, a chi voleva solo sapere se avrebbe dato una risposta giusta e non gli interessava la verità, è, primo, siate onesti con la vostra società. Onesti. Siate giusti, il cristiano non deve cercare la via del furbo, ma la via dell'onesto, del giusto. Secondo costruite la vostra vita su Dio.  Questo vi garantisce e vi costruisce per la vita eterna, che don Bosco chiamava paradiso. E tutti siamo abituati a chiamare paradiso. Questo è importantissimo.

Per la nostra comunità parrocchiale che compie cento anni, per ognuno di noi, concludiamo questo pensiero di omelia con qualche secondo di silenzio per chiedere a Dio di "aiutami a costruire sempre di più la mia vita su di Te, a far entrare sempre di più Te nella mia vita, nelle mie decisioni, nei miei rapporti umani"

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