Che bello: è Natale! La festa più cara alla tradizione familiare riporta, si spera, un momento di serenità alle famiglie e a tante persone. È sempre bello scambiarsi gli auguri e qualche regalo, raggiungere anche i cari lontani con una telefonata o un’e-mail! È bello partecipare alla liturgia festosa, accogliere la chiara stella e vedere i presepi, far festa con i bambini o visitare gli anziani a cui siamo legati. Se la vita è fatta di relazioni, a Natale tutto assume un colore nuovo, un volto più sorridente. Non per tutti, purtroppo, perché accanto all’albero o al presepio capita di ricordare chi una volta c’era e ora non c’è più, si sente più acuto un dolore, più lancinante una separazione. L’importante è che, nella gioia o nella mestizia, non si perda il centro della festa: Gesù che nasce bambino a Betlemme. Ogni anno “torna” a farsi incontro nell’amore, a disturbare sonni troppo tranquilli, ridare speranza, accompagnare a traguardi nuovi. Il “bello” della festa è Lui, Gesù: tutto il resto – i doni, le feste, le liturgie… – ha senso in quanto si riferisce a Lui, aiuta ad incontrarlo, a scoprirlo nella normalità quotidiana, nei rapporti con le persone, nei fatti della vita.
Da piccoli ci facevano scrivere una letterina a Gesù Bambino (purtroppo Lui adesso è sostituito da Babbo Natale o dalla Befana di turno), era il modo per esprimere il nostro desiderio, il regalo voluto. Vorrei anch’io in questo Natale scrivere la mia letterina personale al Bambinello, per chiedere il realizzarsi di un sogno, il sogno di un parroco.
«Sogno una comunità in cui nessuno ha bisogno di portare una maschera o erigere attorno a sé una barricata, perché non teme che qualcuno possa fargli del male.
Sogno una comunità in cui nessuno ha bisogno di nascondere le sue debolezze e simulare buone qualità, perché si sente accettato.
Sogno una comunità in cui nessuno debba temere di essere ferito da altri, qualora rimedi una brutta figura e viene condannato perché la pensa o agisce in maniera diversa.
Sogno una comunità in cui nessuno pensa di essere migliore del vicino o aspira a valere più degli altri o a dominarli, perché rispetta tutti allo stesso modo.
Sogno una comunità in cui nessuno si vede serbare rancore per i propri errori, perché si è capaci di perdonare.
Sogno una comunità in cui nessuno è costretto a rimanere solo nella necessità e nel bisogno, perché trova veri amici dappertutto.
Sogno una comunità in cui si parla insieme della propria fede e non la si conserva per sé, perché ci si sa reciprocamente responsabili.
Sogno una comunità in cui nessuno ha bisogno di pavoneggiarsi ed elemosinare un po’ di riconoscimento, perché è sicuro dell’affetto degli altri.
Sogno una comunità in cui nessuno dubita del senso della propria vita, perché concepisce che gli altri hanno anche bisogno di lui.
Sogno una comunità in cui ognuno può esprimersi, perché sa che le sue parole sono accolte con amore, senza bisogno di ricorrere a discorsi scaltri e raffinati.
Sogno una comunità in cui non si parla male degli altri, perché si sa di non essere a propria volta senza difetti.
Sogno una comunità in cui nessuno viene costretto in uno stampo, ma può piuttosto essere e divenire pienamente se stesso. In breve, sogno una comunità in cui si cerca di vivere il vangelo»
Isidoro di Siviglia circa la speranza diceva: "Spes viene da piede". Perché la speranza è quella che fa camminare, che fa andare, che mette piedi anche ai sogni. Se si vuole essere sicuri da ogni rischio si deve necessariamente restare chiusi nella propria casa, e allora sperare non ha più senso. Sperare di essere sicuri, è una contraddizione in termini.
In un tempo in cui spesso si fatica a trovare delle ragioni per sperare, per sperare anche nel restituire il vero volto del Natale, coloro che mettono la propria fiducia nel Dio della Bibbia hanno più che mai il dovere di "rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in loro" (1 Pt 3,15).
Ora, la sorgente della nostra speranza è in Dio, che non può che amare e che instancabilmente ci cerca soprattutto a partire da una mangiatoia aiutandoci a far diventare anche un sogno realtà.
Il parroco
don Claudio