In queste parole di don Franco Delpiano, sacerdote salesiano, morto a 42 anni di leucemia, c'è il più bell'augurio che possiamo farci per Pasqua, perché non è solo speranza: è Speranza cristiana, cioè è certezza. E' ottimismo cristiano che nasce dalla Pasqua. Ottimismo che si contrappone al pessimismo che ci fa vedere tutto nero dalla mattina alla sera, seminare il grano buono e credere che può venirne fuori soltanto zizzania, imboccare una certa strada e temere che finirà certamente in un burrone.
Per il pessimista non fa mai giorno: è tutto un susseguirsi di cose che andranno certamente male, per il semplice fatto che tutto nella vita è destinato ad andare male e per un cristiano essere pessimisti è anche una forma di incredulità e di scarsa fiducia in Dio. In questo senso il primo pessimista evangelico fu Pietro, quando il Signore gli comandò di camminare sull'acqua ed egli ebbe paura di affogare.
Il Signore risorto ci invita all'ottimismo, ma ad un ottimismo autentico che non è la superficialità di chi scioccamente sorride a tutto, e tanto meno di chi vede dovunque sentieri fioriti. Vedere tutto sempre rosa non è ottimismo, ma soltanto immaturità che ha paura di confrontarsi con la vita e che facilmente eviterà sempre ogni attrito che scotta. Il nostro ottimismo non significa sorridere a tutti ed aspettarsi altrettanto, ma è il frutto di maturità conquistata, di una fede che è diventata serena espressione di vita. Siamo ottimisti non perché non vediamo le cose che non vanno, ma perché siamo certi che ciò che oggi sembra una stonatura domani avrà un senso. Non neghiamo l'esistenza del male, della sofferenza e della ingiustizia. Il Risorto ci impegna a lottare il male e a vincerlo, ma non a scamparlo e ignorarlo. La vita continuerà ad essere lotta, fatica. Eppure come cristiani non possiamo essere tristi. Cristianesimo e pessimismo non vanno d'accordo.
Per il pessimista non fa mai giorno: è tutto un susseguirsi di cose che andranno certamente male, per il semplice fatto che tutto nella vita è destinato ad andare male e per un cristiano essere pessimisti è anche una forma di incredulità e di scarsa fiducia in Dio. In questo senso il primo pessimista evangelico fu Pietro, quando il Signore gli comandò di camminare sull'acqua ed egli ebbe paura di affogare.
Il Signore risorto ci invita all'ottimismo, ma ad un ottimismo autentico che non è la superficialità di chi scioccamente sorride a tutto, e tanto meno di chi vede dovunque sentieri fioriti. Vedere tutto sempre rosa non è ottimismo, ma soltanto immaturità che ha paura di confrontarsi con la vita e che facilmente eviterà sempre ogni attrito che scotta. Il nostro ottimismo non significa sorridere a tutti ed aspettarsi altrettanto, ma è il frutto di maturità conquistata, di una fede che è diventata serena espressione di vita. Siamo ottimisti non perché non vediamo le cose che non vanno, ma perché siamo certi che ciò che oggi sembra una stonatura domani avrà un senso. Non neghiamo l'esistenza del male, della sofferenza e della ingiustizia. Il Risorto ci impegna a lottare il male e a vincerlo, ma non a scamparlo e ignorarlo. La vita continuerà ad essere lotta, fatica. Eppure come cristiani non possiamo essere tristi. Cristianesimo e pessimismo non vanno d'accordo.
L'ottimismo cristiano è frutto della fede e non un'operazione di contabilità che non conosce passivi. Qualche volta la stanchezza può diventare disperazione che dipinge tutto di nero, che ci fa vivere un venerdì santo di solitudine e di tenebre; eppure non dobbiamo essere tristi perché sappiamo che dopo due giorni c'è la domenica di risurrezione. Il nostro ottimismo deve nascere dalla fede che è speranza che si ricollega a qualcosa, ma soprattutto a Qualcuno. Se Cristo si fosse arreso alla misura dei risultati apparenti, il Venerdì Santo sarebbe stato il più lungo e il più inutile dei giorni. Invece a quattro passi, dietro l'angolo del nuovo giorno, c'era la luce più nuova e più consolante del mondo, la luce della Pasqua.
Allora via gli occhiali neri, il cuore che rintocca a lutto ad ogni tornare della sera, ad ogni venir meno della speranza. Il seminatore della parabola continuò a seminare, pur sapendo che il buon seme cadeva tra i sassi, sopra il terreno arido di una strada o nel soffocante groviglio di una siepe. È questo il vero ottimismo, la certezza che il bene non andrà perduto e che, se sul piano umano i conti non tornano, sopra un altro piano finiranno sempre per essere esatti. E' la grande notizia della Pasqua.
Il Risorto renda capaci anche noi di “gesti di vita nuova”, dal potere al servizio, dalla rivincita al perdono, dalla menzogna alla verità, dall’orgoglio all’umiltà… E’ l’amore la potenza di vita del Signore Risorto.
E allora, perché non riempire le nostre giornate di gesti d’amore? Perché non seminare intorno a noi tanti piccoli ma efficaci segni di risurrezione? Non è difficile. E’ una cosa “quotidiana”, alla portata di tutti. Così facendo vedremo la nostra vita cambiare, i nostri rapporti trasformarsi e il nostro futuro non ci farebbe più paura, ma si colorerebbe di speranza.
L'augurio che don Franco faceva ai suoi giovani a pochi giorni dalla sua morte diventi anche il mio augurio.
Se, nonostante tutto siamo ottimisti
è perché Cristo è risorto!
Se spero in un mondo migliore
è perché Cristo è risorto!
Se non mi spavento di me stesso
è perché Cristo è risorto!
Immersi nella sua morte e risurrezione,
risorgiamo ogni giorno.
Un augurio a voi:
sentite che Cristo è risorto
anche per ognuno di voi
e per tutti i vostri cari.
è perché Cristo è risorto!
Se spero in un mondo migliore
è perché Cristo è risorto!
Se non mi spavento di me stesso
è perché Cristo è risorto!
Immersi nella sua morte e risurrezione,
risorgiamo ogni giorno.
Un augurio a voi:
sentite che Cristo è risorto
anche per ognuno di voi
e per tutti i vostri cari.
Il parroco
don Claudio