Per non dimenticare! Le parole del papa in mezzo a noi

papa piazza vittorioPer non dimenticare il 21 giugno, con il dono, la gioia, la grazia di aver avuto papa Francesco in mezzo a noi. Per non dimenticare le immagini di quella giornata con i suoi incontri in cui tutti ci siamo sentiti protagonisti: famiglie, giovani, anziani, ammalati, lavoratori e non. Per non dimenticare i suoi inviti, le sue parole, il suo messaggio.
Per non dimenticare… lasciamo che le parole di papa Francesco di quella indimenticabile giornata diventino il filo conduttore di quest’anno pastorale da vivere insieme, siano le orme sui cui mettere i nostri passi come comunità.
  1. Vivere!
Come diceva il beato Pier Giorgio Frassati: «Vivere, non vivacchiare!». Questa è la strada per sperimentare in pienezza la forza e la gioia del Vangelo. Così non solo ritroverete fiducia nel futuro, ma riuscirete a generare speranza tra i vostri amici e negli ambienti in cui vivete.
  1. Farsi prossimo.
Possiamo correre il rischio di cantare l’amore, di sognare l’amore, di applaudire l’amore… senza lasciarci toccare e coinvolgere da esso! La grandezza dell’amore si rivela nel prendersi cura di chi ha bisogno, con fedeltà e pazienza; per cui è grande nell’amore chi sa farsi piccolo per gli altri, come Gesù, che si è fatto servo. Amare è farsi prossimo, toccare la carne di Cristo nei poveri e negli ultimi, aprire alla grazia di Dio le necessità, gli appelli, le solitudini delle persone che ci circondano.
  1. Vivere l’amore concreto, rispettoso, che si sacrifica.
L’amore è concreto, è più nelle opere che nelle parole. Non è amore soltanto dire: “Io ti amo, io amo tutta la gente”. L’amore si dà. L’amore ascolta e risponde, l’amore si fa nel dialogo, nella comunione: si comunica.
L’amore è rispettoso. Considera sacra la vita dell’altra persona: “Io ti rispetto, io non voglio usarti”.
L’amore si sacrifica per gli altri. Questo è “servizio”. L’amore è servizio. E’ servire gli altri. Quando Gesù dopo la lavanda dei piedi ha spiegato il gesto agli Apostoli, ha insegnato che noi siamo fatti per servirci l’uno all’altro, e se io dico che amo e non servo l’altro, non aiuto l’altro, non lo faccio andare avanti, non mi sacrifico per l’altro, questo non è amore.
  1. Vivere “in uscita”.
Potremo “vivere e non vivacchiare” soltanto “in uscita”: uscendo sempre per portare qualcosa. Se tu rimani fermo non farai niente nella vita e rovinerai la tua.
  1. Accoglienza.
“No” a un’economia dello scarto, che esclude i bambini, gli anziani, gli ammalati, i poveri, gli immigrati.
Non dobbiamo rassegnarci all’esclusione di coloro che vivono in povertà assoluta – a Torino circa un decimo della popolazione. Si escludono i bambini (natalità zero!), si escludono gli anziani, e adesso si escludono i giovani (più del 40% di giovani disoccupati)! Quello che non produce si esclude a modo di “usa e getta”.
Gli anziani che sono la memoria e la saggezza dei popoli. La loro longevità non sempre viene vista come un dono di Dio, ma a volte come un peso difficile da sostenere, soprattutto quando la salute è fortemente compromessa. Questa mentalità non fa bene alla società, ed è nostro compito sviluppare degli “anticorpi” contro questo modo di considerare gli anziani, o le persone con disabilità, quasi fossero vite non più degne di essere vissute. Questo è peccato, è un peccato sociale grave.
Gli ammalati, sono membra preziose della Chiesa, sono la carne di Cristo crocifisso che abbiamo l’onore di toccare e di servire con amore.
I migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’iniquità, di questa economia che scarta e delle guerre.
  1. Solidarietà.
maria-ausiliatrice-2web“No” all’idolatria del denaro, che spinge ad entrare a tutti i costi nel numero dei pochi che, malgrado la crisi, si arricchiscono, senza curarsi dei tanti che si impoveriscono, a volte fino alla fame.
Mettere a disposizione dati e risorse, nella prospettiva del “fare insieme”, è condizione preliminare per superare l’attuale difficile situazione e per costruire un’identità nuova e adeguata ai tempi e alle esigenze del territorio. È giunto il tempo di riattivare una solidarietà tra le generazioni, di recuperare la fiducia tra giovani e adulti.
In questa terra sono cresciuti tanti Santi e Beati che hanno accolto l’amore di Dio e lo hanno diffuso nel mondo, santi liberi e testardi. Sulle orme di questi testimoni, anche noi possiamo vivere la gioia del Vangelo praticando la misericordia; possiamo condividere le difficoltà di tanta gente, delle famiglie, specialmente quelle più fragili e segnate dalla crisi economica.
  1. Diventare “nuovi”.
Riconoscere i propri limiti, le proprie debolezze, è la porta che apre al perdono di Gesù, al suo amore che può rinnovarci nel profondo, che può ri-crearci.
Il segno che siamo diventati “nuovi” e siamo stati trasformati dall’amore di Dio è il sapersi spogliare delle vesti logore e vecchie dei rancori e delle inimicizie per indossare la tunica pulita della mansuetudine, della benevolenza, del servizio agli altri, della pace del cuore, propria dei figli di Dio.
  1. Essere “roccia”.
Di fronte all’uomo che grida: “Non ce la faccio più”, il Signore gli va incontro, offre la roccia del suo amore, a cui ognuno può aggrapparsi sicuro di non cadere. Quante volte noi sentiamo di non farcela più! Ma Lui è accanto a noi con la mano tesa e il cuore aperto.
Coraggio! Non significa: pazienza, rassegnatevi. Ma al contrario, significa: osate, siate coraggiosi, andate avanti, siate creativi, siate “artigiani” tutti i giorni, artigiani del futuro! Con la forza di quella speranza che ci dà il Signore e non delude mai. Capaci di non chiuderci di fronte alla difficoltà, di affrontare la vita con coraggio e guardare al futuro con speranza.
  1. Fare controcorrente.
Essere coraggiosi e creativi. Fare cose costruttive, anche se piccole, ma che ci riuniscano, ci uniscano tra noi, con i nostri ideali: questo è il migliore antidoto contro questa sfiducia della vita, contro questa cultura che ci offre soltanto il piacere: passarsela bene, avere i soldi e non pensare ad altre cose.
  1. Maria, l’Eucaristia e il Papa.
Ripartire dai “tre amori bianchi” di don Bosco: , e .
Affidamento a Maria. L’amore di questo santo per la Madonna fu assai forte perché “non si vergognò mai della sua mamma”, mentre oggi ci sono molti cattolici che “quasi si vergognano della Madonna o non ne parlano con amore”.
Eucarestia domenicale come centro del nostro essere comunità.
Docili e fedeli alla Chiesa e al papa, seguendone i suggerimenti e le indicazioni pastorali.
 
(dai discorsi di papa Francesco a Torino, 21 giugno 2015)