Indulgenze: significato e valore

Il valore delle Indulgenze
 
La ricorrenza della Commemorazione dei Fedeli Defunti, suscita in tutti noi il ricordo di chi ci ha lasciato e il desiderio di rinnovare nella preghiera quegli affetti che ci hanno tenuto uniti durante la loro vita terrena.
E’ ciò che esprimiamo con il termine suffragio, parola che deriva dal verbo latino suffragari che significa: soccorrere, sostenere, aiutare. In vari modi la Chiesa ci insegna che possiamo suffragare le anime dei nostri cari defunti: con la celebrazione di Sante Messe, con i meriti che acquistiamo compiendo le opere di carità, con l’applicazione delle indulgenze.
In particolare su questa pratica, ultimamente un po’ trascurata, vogliamo fare alcune riflessioni.
 
Che cosa sono le indulgenze.
 
Leggiamo dal catechismo la definizione. L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa e applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi (CCC, 1471).
 
Cerchiamo di tradurre per la nostra vita il senso di questa definizione.
Una prima considerazione: ogni nostro peccato ha una duplice conseguenza, genera una colpa e comporta una pena.
la colpa, che possiamo concepire come la rottura o il deturpamento dell’amicizia con Dio, è rimessa dall’assoluzione sacramentale nella confessione (attraverso la quale Dio cancella l’offesa ricevuta);
la pena permane anche oltre l’assoluzione.
 
Attenzione la pena non è un castigo che Dio infligge, come invece avviene nella società, dove quando uno compie un reato, il codice penale prevede un castigo (hai trasgredito la legge, adesso paghi!)
La pena di cui parliamo è una conseguenza che deriva dalla natura stessa del peccato, che oltre ad essere offesa a Dio è anche contaminazione e corruzione dell’uomo.
I nostri peccati infatti rendono sempre più faticoso ricostruire l’amicizia con Dio e superare quella inevitabile inclinazione al male che permane anche dopo la remissione sacramentale, come conseguenza del peccato stesso.
Semplificando, pensiamo ad una ferita: anche dopo che ha smesso di sanguinare continua a darci dolore, ed è un punto debole: basta un piccolo urto perché riprenda l’emorragia. Il nostro corpo deve faticare per ricostruire il tessuto nella sua integrità e solo allora possiamo dirci veramente guariti.
Il peccato è una ferita dell’anima e anche dopo il nostro pentimento e l’assoluzione sacramentale rimane come una debolezza, siamo più fragili, più soggetti a ricadere proprio dove siamo già caduti, rischiamo che quella ferita non pienamente rimarginata, si riapra proprio nello stesso punto.
Le indulgenze che possiamo acquistare anche per noi stessi (esempio il perdono d’Assisi o le indulgenze dell’Anno Santo) sono come un medicamento cicatrizzante, ci confermano nel proposito di rinnegare il peccato e sanciscono la nostra volontà di aderire pienamente al progetto di Dio.
Altro esempio: quando due litigano e rompono la loro amicizia. Ci vuole fatica e impegno per ricostruirla, anche dopo che ci si è perdonati. Solo il tempo e la reciproca buona volontà rimuoveranno completamente le cause e i ricordi del litigio. Non è Dio  che non ci ha perdonato e riammessi nella sua piena comunione , ma siamo noi che fatichiamo a staccarci completamente dal peccato e dai suoi affetti malsani. E’ necessario un lungo cammino di conversione e di purificazione. La pena temporale non è quindi da concepire come una vendetta di Dio ma come il tempo necessario a noi per rigenerare la nostra capacità di amare Dio sopra ogni cosa. Questa pena temporale esige d’essere compiuta in questa vita come riparazione, o in Purgatorio come purificazione. Nel cammino terreno il cristiano dovrà quindi vedere come mezzi di purificazione, che facilitano il cammino verso la santità, le varie prove e la sofferenza stessa, l’impegno nelle opere di carità, la preghiera, le varie pratiche di penitenza e, non ultimo, l’acquisto delle indulgenze.
Ma poiché difficilmente possiamo presumere che in questa vita riusciremo a giungere a quella perfezione che ci permetterebbe di essere ammessi alla piena comunione con Dio, immediatamente dopo la nostra morte, la Giustizia Divina prevede un tempo di purificazione anche dopo la nostra morte, in quella particolare condizione, (tradizionalmente chiamata Purgatorio), nella quale si troverà la nostra anima al termine del nostro esilio terreno e in attesa di giungere alla piena comunione con Dio. Leggiamo ancora nel Catechismo: “Coloro che muoiono nell’amicizia di Dio, ma imperfettamente purificati, benché sicuri della propria salvezza eterna, vengono sottoposti, dopo la morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia di Dio”:
 
La comunione dei Santi.
 
E’ a questo punto necessario introdurre un altro elemento importante per la comprensione delle indulgenze che applichiamo ai nostri defunti.
In questo cammino di perfezione e di purificazione non siamo soli, ma come i rocciatori impegnati in una scalata siamo legati gli uni agli altri da un legame invisibile, ma reale, che la Chiesa chiama Comunione dei Santi. Abbiamo infatti la consapevolezza di appartenere alla stessa famiglia dei figli di Dio e la certezza che quanto ognuno di noi opera o soffre, in comunione con Cristo e come offerta a Padre, produce frutti di bene a favore di tutti. Dice il Catechismo: “Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione, dei beati in cielo; tutti insieme formiamo una sola Chiesa. Noi crediamo che in questa comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi santi ascolta costantemente le nostre preghiere.”
Per questo sono importanti le preghiere di suffragio e le indulgenze con le quali soccorriamo i nostri defunti, abbreviando i tempi della loro purificazione.
E’ quindi cristianamente bello e importante ricordare coloro che ci hanno fatto del bene, continuare a sentirci a loro vicini e solidali nel cammino di purificazione che stanno compiendo nel Purgatorio. Soprattutto è meritevole la preghiera rivolta a Dio per le anime più abbandonate e più bisognose della sua Misericordia, quella devozione alle Anime Sante del Purgatorio che purtroppo sopravvive solo nelle persone più anziane. Non è da ritenersi cosa superata l’applicazione di Messe e suffragi in favore di chi pure non abbiamo conosciuto direttamente, quelle preghiere rivolte a Dio per le anime che attualmente si trovano in uno stato di attesa e di bisogno; un modo per farsi amici, come direbbe Vangelo, che “ci accolgano un giorno nelle dimore eterne”.


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