47 – Il grembo

31 marzo – Pasqua
 
Dalla Parola del giorno Gv 20,1-9
Egli doveva risuscitare dai morti.
 
 
quaresima 47Il grembo
 
In un grembo vennero concepiti due gemelli.
Passavano le settimane e i bambini crescevano. Nella misura in cui cresceva la loro coscienza, aumentava la gioia: «Di', non è fantastico che siamo stati concepiti? Non è meraviglioso che viviamo?».
I gemelli iniziarono a scoprire il loro mondo.
Quando scoprirono il cordone ombelicale che li legava alla madre dando loro nutrimento, cantarono di gioia: «Quanto grande è l'amore di nostra madre che divide con noi la sua stessa vita!».
A mano a mano che le settimane passavano, però, trasformandosi poi in mesi, notarono improvvisamente come erano cambiati. «Che cosa significa?», chiese uno.
«Significa», rispose l'altro, «che il nostro soggiorno in questo mondo presto volgerà alla fine».
«Ma io non voglio andarmene», ribatté il primo, «vorrei restare qui per sempre».
«Non abbiamo scelta», replicò l'altro, «ma forse c'è una vita dopo la nascita!».
«E come può essere», domandò il primo, dubbioso, «perderemo il nostro cordone di vita e come faremo a vivere senza di esso? E per di più altri prima di noi hanno lasciato questo grembo e nessuno di loro è tornato a direi che c'è una vita dopo la nascita. No, la nascita è la fine!».
Così uno di loro cadde in un profondo affanno e disse: «Se il concepimento termina con la nascita, che senso ha la vita nell'utero? È assurda. Magari non esiste nessuna madre dietro tutto ciò».
«Ma deve esistere», protestò l'altro, «altrimenti come avremmo fatto a entrare qua dentro? E come faremmo a sopravvivere?».
«Hai mai visto nostra madre?», domandò l'uno.
«Magari vive soltanto nella nostra immaginazione. Ce la siamo inventata, perché così possiamo comprendere meglio la nostra esistenza».
E così gli ultimi giorni nel grembo della madre furono pieni di mille domande e di grande paura.
Infine, venne il momento della nascita.
Quando i gemelli ebbero lasciato il loro mondo, aprirono gli occhi.
Gridarono. Ciò che videro superava i loro sogni più arditi.

Un giorno, finalmente, nasceremo…
 
 
Pasqua, festa dei macigni rotolati

Vorrei che potessimo liberarci dai macigni

che ci opprimono, ogni giorno:

Pasqua è la festa dei macigni rotolati.

E' la festa del terremoto.

La mattina di Pasqua le donne,

giunte nell'orto,

videro il macigno rimosso dal sepolcro.

Ognuno di noi ha il suo macigno.

Una pietra enorme messa all'imboccatura

dell'anima che non lascia filtrare l'ossigeno,

che opprime in una morsa di gelo;

che blocca ogni lama di luce,

che impedisce la comunicazione con l'altro.

E' il macigno della solitudine, della miseria,

della malattia, dell'odio,

della disperazione del peccato.

Siamo tombe alienate.

Ognuno con il suo sigillo di morte.

Pasqua allora, sia per tutti

il rotolare del macigno, la fine degli incubi,

l'inizio della luce,

la primavera di rapporti nuovi

e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro,

si adopererà per rimuovere il macigno

del sepolcro accanto,

si ripeterà finalmente il miracolo

che contrassegnò la resurrezione di Cristo.

Don Tonino Bello, Vescovo
 
 
 

Lascia un commento